Sperimento un
sentimento
In questi
giorni, in tutte le scuole girano bozze e curricoli verticali dedicati alla
nuova modalità decisa per l’educazione civica; non poche, tra le scuole,
approfittano di questa possibilità per poter introdurre qualcosa che in tanti
chiediamo da tanti anni: spazio dedicato all’educazione all’affettività. Se è
vero come è vero che in molte parti del Pianeta (specie nel mondo anglosassone)
l’onda potente del metoo ha travolto tutto, e spesso si assiste un po’
sconcertati ad eccessi di politically correct, è altrettanto vero che nel
nostro Paese continua invece ad imperare una cultura machista, che ha costretto
a rinviare più volte una legge sacrosanta come quella (cosiddetta Zan, dal nome
del relatore in Parlamento) di recente approvazione alla Camera, volta a punire
adeguatamente i reati di misoginia, omofobia, transfobia. Praticamente ogni
volta che con triste regolarità si verificano episodi di uccisione di donne da
parte dei propri compagni o mariti, si leggono articoli davvero vergognosi nel
loro voler comunque dipingere come persone perbene che hanno avuto un momento
di follia uomini che sono tali solo dal punto di vista anagrafico.
Uno dei problemi
che ci troviamo ad affrontare, è la cultura della tolleranza, particolarmente
sviluppata anche in ambiti apparentemente progressisti: si parte dall’idea
sicuramente in buona fede, di improntare alla tolleranza reciproca, in nome
della pacifica convivenza. Per molti di noi, invece, dovremmo cominciare a
lavorare per affermare, in tutti i campi, una cultura del rispetto. Nelle
nostre scuole abbiamo in questi anni proposto un testo (un tema) che aveva
questa traccia: La tolleranza è una forma di complicità (io tollero le
tue mancanze perché tu non mi chieda delle mie); il rispetto è una forma di
incontro: ti tendo la mano così come sono, e aspetto che tenda la tua, così
come sei; nella stretta delle nostre mani sta la sostanza della convivenza.
Siete d’accordo con questa affermazione, e cosa pensate sia più necessario,
nella società di oggi, la tolleranza o il rispetto? Spiegate in un testo
argomentativo cosa ne pensate
Pensiamo che
l’educazione alla differenza debba infatti partire dal rispetto, e non dalla
tolleranza, che implica comunque una forma di superiorità non esplicitata. Se
invece partiamo ad esempio dal fatto che bisogna dare rispetto alle ragazze ed
alle donne, avremo una possibilità diversa, davvero paritaria, di rapporto, non
più improntato sulla sopraffazione, ma come dovrebbe essere, sulla curiosità.
Uno dei
principali problemi con cui dobbiamo fare i conti, nelle classi, è la
sostanziale vergogna dei sentimenti da parte dei maschi, che non si esaurisce
solo nel classico “i veri maschi non piangono”, e fa il paio con la
femminilizzazione estrema, il sentimentalismo portato all’eccesso che blocca tante
ragazze in uno stereotipo bambolina. Il nostro lavoro deve aiutare le bambine e
i bambini, le ragazze e i ragazzi ad esplorare quello che sente, guardarlo,
affrontarlo se necessario, ma non reprimerlo, per costruire individui realmente
autonomi e compiuti, che non abbiano paure da affrontare, ma sentimenti da
condividere
Un’altra
attività svolta in classe che ha avuto un notevole successo, è partita dalla
visione dello splendido spot realizzato da una casa automobilistica in Spagna
qualche anno fa, come spot di Natale: la demolizione dello stereotipo per il
quale alla ragazze siano riservate la bambole e ai ragazzi le macchine, e guai
a mischiare le due cose, è risultata, nella sua semplicità, molto efficace tra
i ragazzi, che hanno visto con occhi diversi anche le compagne di banco con le
quali fino al giorno prima non volevano sedere accanto
https://www.youtube.com/watch?v=V-siux-rWQM&list=WL&index=1&t=13s
oggi è la giornata internazionale di contrasto alla violenza contro le donne, e sentirsi liberi da ataviche gabbie di genere ha in questo giorno un valore ancora più alto: sperimentiamo sentimenti e sfumature di noi stessi, oggi e sempre, per avviarci verso il rispetto